L’eroica morte di Edith Cavell nelle illustrazioni di Tito Corbella

(di Giuseppe Di Bella) Edith Cavell nacque il 4 dicembre 1865 a Swardeston, un villaggio inglese situato a cinque miglia da  Norwich, nel Norfolk. La sua forte vocazione naturale verso l’umanità la portò ad abbracciare la professione infermieristica all’età di 20 anni. Trasferitasi in Belgio, dopo alcuni impieghi presso facoltose famiglie, nel 1907 venne nominata direttrice della farmacia del Berkendael Institute di Bruxelles.

Nel corso della sua esperienza di lavoro in Belgio, riuscì a dare un’impronta nuova ed originale allo standard di cura infermieristica professionale ed all’organizzazione scientifica della farmacia ospedaliera. Divenne un punto di riferimento per la enucleazione in chiave moderna di una professione ritenuta fino ad allora meramente esecutiva.

Miss Cavell era una donna raffinata ed istruita: parlava correntemente il francese, ed era soprattutto pervasa da un forte sentimento religioso, frutto dell’educazione impartita dal padre, vicario della chiesa locale, arricchito da una percezione e coscienza della vita quasi puritana. Era molto severa con se stessa nell’espletamento di quello che lei concepiva come un suo dovere morale, prima che un lavoro.

Scoppiato nel 1914 il primo conflitto mondiale, il Belgio venne occupato dalle truppe tedesche. Miss Cavell aderì alla Croce Rossa internazionale e contemporaneamente l’Istituto Berkendael venne trasformato in un ospedale per la cura dei soldati feriti di ogni nazionalità. Le autorità tedesche occupanti, le confermarono il ruolo di capo sala, ma iniziarono a tenerla sotto controllo, anche perché in quel ospedale affluivano anche i soldati tedeschi feriti, che la Cavell comunque curava alla pari degli altri. Qualche mese dopo, venne scoperto che molti dei soldati catturati, curati a Berkendael erano riusciti a fuggire in Olanda, con l’aiuto attivo di Miss Cavell, che venne arrestata il 5 agosto 1915 e poi accusata di aver personalmente aiutato a fuggire di circa 200 soldati.

Venne tenuta in carcere per 10 settimane di cui le ultime due trascorse in isolamento: i tedeschi affermarono di aver ottenuto una “confessione”: in realtà Edith aveva solo ammesso di aver fatto ciò che considerava un suo dovere. L’accusa venne basata soprattutto, come vedremo, su alcune lettere di militari che ringraziavano Miss Cavell per l’aiuto ricevuto.

Il Governo inglese fece diversi tentativi di salvare Miss Carvell dalla Corte marziale e da una morte annunciata, ma Sir Horace Rowland del Foreign Office concluse: ”Ho paura che accada l’irreparabile, temo siamo impotenti”. Questo sentimento di impotenza era condiviso anche da Lord Robert Cecil , Sottosegretario agli Affari Esteri: “Qualsiasi nostra iniziativa farebbe più male che bene.”

Il processo fu iniquo: l’imputata ed il suo avvocato, non vennero messi in condizione di delineare alcuna valida difesa. Le domande e le risposte furono trascritte in francese e poi tradotte in tedesco. Questo modo di procedere potrebbe aver determinato anche una errata interpretazione della sua linea difensiva.

Miss Cavell conosceva in modo molto vago perfino il reato di cui veniva accusata. Nessun atto scritto di imputazione venne consegnato né a lei né al suo avvocato.

Infine fu proprio la sua onestà intellettuale a condannarla: ammise di aver ospitato ed aiutato presso il suo ospedale, soldati inglesi che stavano per fuggire attraversando la frontiera con la neutrale Olanda. Lo disse con orgoglio patriottico e senza tentennamenti al cospetto della Corte marziale tedesca. Le venne chiesto ancora se avesse aiutato i soldati inglesi rimasti isolati dopo le battaglie di Mons e Charleroi. Rispose di si: “Erano inglesi e anche io sono inglese”. La temerarietà della risposta, lasciò sbigottiti i giudici tedeschi che le chiesero se ne avesse aiutati venti. Disse: “Più di venti, duecento”.

Uno dei giudici le disse di essere stata sciocca perché “Gli inglesi non sono riconoscenti”. Miss Cavel rispose: “Si sbaglia, gli inglesi non sono ingrati “. L’inquisitore chiese allora: “Come fai a sapere che non lo sono?”  Rispose subito: “Perché alcuni di loro mi hanno scritto dall’Inghilterra per ringraziarmi”.

Questa frase segnò la sua sorte. L’accusa divenne molto più grave: non più aver aiutato i soldati a raggiungere l’Olanda, un paese neutrale, bensì a ritornare in un Paese nemico belligerante, il Regno Unito.

Tentò inutilmente di intercedere presso le autorità tedesche il Console spagnolo e intervennero anche gli USA, ancora neutrali, e Hugh S. Gibson, primo segretario dell’Ambasciata americana a Bruxelles, riferì chiaramente al governo tedesco che l’esecuzione di Edith Cavell avrebbe ulteriormente nuociuto alla reputazione della Germania e aggiunse che questo omicidio avrebbe provocato la reazione indignata di tutti i paesi civili.

Ciò nonostante, Miss Cavell venne condannata a morte mediante fucilazione. Insieme a lei vennero condannati alla pena capitale: Philippe Baucq, architetto di Bruxelles, Louise Thuliez, maestro di scuola,  Louis Severin, farmacista di Bruxelles, e la contessa Jeanne de Belleville, di Montignies sur Roc.

Miss Cavel, anche nei suoi ultimi giorni, non si lamentava della sua sorte: aveva “confessato” tutto, non provava odio per nessuno, e non aveva rimpianti. Prima di morire, volle ricevere il Sacramento. Nelle sue ultime ore disse: “Ora so che il patriottismo non basta, non devo odiare nessuno, non devo provare rancore verso nessuno”.

La sentenza venne frettolosamente eseguita il 12 ottobre 1915. Il caso fece scalpore in tutto il mondo occidentale, specialmente nel Regno Unito e negli USA, che appunto si erano mantenuti fino ad allora neutrali. Prima di morire, Edith Cavell scrisse alcune lettere ad amici e parenti, tra le quali una per la madre, che vennero consegnate alle autorità tedesche per essere inoltrate. Non vennero mai spedite. Il Console inglese chiese più volte che venissero consegnate a lui, specialmente quella per la vecchia madre.

Le autorità tedesche si rifiutarono di consegnare la lettera affermando che se fosse stata pubblicata nel Regno Unito, avrebbe provocato ulteriori reazioni negative verso la Germania. Il Console diede la sua parola che la lettera alla madre sarebbe rimasta segreta, ma nulla riuscì a commuovere i tedeschi.

La vicenda determinò una presa di coscienza collettiva dell’opinione pubblica in merito alla barbara gestione dell’occupazione tedesca del Belgio. L’episodio venne ritenuto scandaloso ed inumano soprattutto perché Miss Cavell era nota per l’abnegazione con la quale aveva assistito i soldati di tutte le Nazioni in guerra, compresi quelli tedeschi, senza distinzione e senza risparmiarsi. A chi voleva frenare il suo impeto umanitario, era solita rispondere: “Non riesco a smettere quando ci sono vite da salvare”.

Nei mesi successivi alla morte di Miss Cavell, innumerevoli furono gli articoli sui giornali, gli opuscoli, le foto, le cartoline illustrate, le immagini, i disegni ed i libri che raccontarono la  sua drammatica storia. Molti anche i tentativi di mistificazione degli avvenimenti posti in essere da più parti. Si disse che durante l’interrogatorio, avesse dato informazioni sui complici, circostanza più volte smentita dal Foreign Office britannico.

La storia della morte e la sua rappresentazione, divennero quindi argomento di ulteriore scontro propagandistico tra le Nazioni in guerra. Da parte tedesca si accusò il Regno Unito e la stampa inglese di aver presentato ed utilizzato la sua condanna a morte in modo tale da catturare l’immaginazione del pubblico e di alimentare il desiderio di vendetta contro i tedeschi sul campo di battaglia.

In effetti, Edith Cavell divenne una icona della propaganda per il reclutamento militare in Gran Bretagna e negli altri Paesi europei e la sua tragica fine contribuì ad accrescere il sentimento favorevole degli USA verso gli alleati: da li a poco gli Americani sarebbero entrati in guerra a seguito dell’affondamento, il 7 maggio 1915, del transatlantico Lusitania.

Per illustrarne la morte attraverso uno dei mezzi più potenti di propaganda disponibile all’epoca, ovvero la cartolina illustrata, gli inglesi chiamarono anche il pittore ed illustratore italiano Tito Corbella, che godeva di fama internazionale per la bellezza e la forza evocativa del suo tratto geniale, morbido e figurativo.

Tito Corbella era nato a Pontremoli nel 1885 e si era laureato in Chimica all’Università di Padova. Aveva successivamente frequentato l’Accademia delle Belle Arti di Venezia dove fu allievo di Guglielmo Ciardi e di Ettore Tito.
Si era occupato di illustrazione pubblicitaria lavorando anche per le edizioni Ricordi a Milano. Famose anche oltre Oceano le numerose serie di brillanti e vivacissime cartoline romantiche, aventi come soggetto figure di donne e coppie di innamorati.

Corbella è uomo del Novecento, tra classicismo e modernità, liberty e déco, passato e futuro: è artista intenso, creativo e sognatore. Un grande innamorato dell’altra metà del cielo.

Spesso per i suoi disegni si ispirava alla moglie e questo suo raccontare i sentimenti col tratto morbido del disegno ispirato, questo amore pittoresco, attraverserà come un raggio di luce, un’epoca buia segnata da tante sanguinose guerre, da tanta morte e speranza di rinascita.

Tito Corbella muore a Roma nel 1966. Le sue opere più famose sono le illustrazioni romantiche riprodotte in milioni di cartoline. Oggi questi documenti rappresentano una testimonianza viva dei sentimenti espressi in un’epoca che rimase romantica nonostante tutto.

Le cartoline che disegnò per Edith Cavell, di gusto gotico e crepuscolare, sono da considerare un’eccezione nell’ambito della sua opera sentimentale, allegra e solare.

Tito Corbella disegnò sei cartoline, le vediamo in foto, edite dalla Inter art Company – Red lion square – di Londra, illustrando i momenti più drammatici della vicenda, con una forza evocativa ed un simbolismo efficace quanto drammatico, che provocò ulteriore emozione e sdegno nell’opinione pubblica, come si legge nelle cronache dell’epoca.

Nelle cartoline, di intensa emotività, la Germania viene rappresentata con la figura della morte e la sua “KULTUR” viene additata al generale disprezzo. Corbella mise in evidenza alcuni particolari del processo e dell’esecuzione: concluse la serie con una illustrazione di Miss Cavell che infine trionfa sulla morte poiché il suo spirito umanitario sopravvive.

Nell’esecuzione delle sei illustrazioni, Corbella privilegiò una delle tante versioni diffuse in merito agli ultimi istanti di Miss Cavell: si era detto infatti che fosse svenuta per la paura e che, invece che per le fucilate del plotone di esecuzione, fosse stata uccisa, mentre era ancora incosciente, da un colpo sparato da un ufficiale tedesco. Altra versione raccontava che l’ufficiale le diede solo il colpo di grazia; altra ancora, che fosse svenuta per l’estrema debolezza del fisico, provato dalla durezza della prigionia.

Su indicazione del Console spagnolo, alcune donne seppellirono immediatamente la salma di Edith vicino alla prigione di St. Gilles. Finita la guerra, il suo corpo fu riportato in Gran Bretagna per una funzione commemorativa a Westminster Abbey e nuovamente trasferito a Norwich, dove riposa in pace. L’eroica infermiera inglese è ricordata con una statua nei pressi di Trafalgar Square.

Tanta fama ebbe per decenni nell’Europa continentale ed in Italia, la triste storia di questa eroina, quanto è oggi purtroppo dimenticata.

A testimonianza della funzione di memoria storica della cartolina, questo stesso scritto, nasce per il ritrovamento di un insieme di cartoline tra le quali la serie di Corbella che ancora oggi colpisce per la sua sanguinolenta e palpitante drammaticità.

Restano dunque, oltre la memoria della storia, le cartoline illustrate di Tito Corbella a tener accesa, attraverso la forza evocativa delle immagini, la fiamma della coscienza: restano a testimoniare con la loro forza icastica questo sacrificio, confermando l’insostituibile ruolo documentale di questo grande mezzo di comunicazione ormai purtroppo in declino.

La cartolina illustrata fa parte della nostra cultura e documenta il nostro passato: è storia essa stessa. Rimarrà ancora per secoli testimone del tempo, parte della memoria. Di quella stessa memoria dell’umanità che non dovrà mai dimenticare il sacrificio di Edith Cavell.

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Nov 6, 2018 | Posted by in Articoli | Commenti disabilitati su L’eroica morte di Edith Cavell nelle illustrazioni di Tito Corbella
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