(Giuseppe Di Bella) Molti sono i francobolli emessi dalle Nazioni contro la guerra e molti sono i francobolli emessi per la guerra, per promuoverla, per giustificarla per propagandarla, perfino per finanziarla.
L’Italia non è stata immune da questo fenomeno e due emissioni in particolare hanno rappresentato l’idea della “guerra giusta” come se questa esistesse.
La prima emissione composta da sei valori, più tre che non vennero posti in vendita, e che pertanto si possono trovare solo allo stato di nuovi, è quella celebrativa dell’Asse Roma – Berlino, ufficialmente denominata “Fratellanza d’armi italo – tedesca”.
I sei valori vennero emessi nel 1941 e rappresentano il dittatore tedesco e quello italiano con la didascalia “due popoli una guerra”. Il motivo della “non emissione” dei tre valori, risiederebbe, secondo la tesi più accreditata, nel fatto che la serie venne progettata e disegnata prima della entrata in guerra dell’Italia: intervenuti nel conflitto, si preferì emettere i tre valori che recano la dicitura propagandistica “Due popoli una guerra”, e non mettere in circolazione i tre valori precedentemente approntati e senza dicitura. Francobolli simili vennero approntati per essere utilizzati nelle Colonie italiane.
Di questa emissione, più precisamente del 25 cent. verde, esiste un raro falso propagandistico di guerra che deride l’Italia, preparato dagli inglesi, nel quale al motto “due popoli una guerra” è stato sostituito quello “due popoli un Fuhrer”, e l‘immagine di un Mussolini esterrefatto di fronte a un Hitler urlante.
Nello stesso anno 1941, un francobollo del tutto simile nell’impostazione e negli intenti, venne emesso in Germania.
Si andò oltre con la serie di dodici francobolli emessi il 14 Agosto del 1942, in pieno conflitto. Infatti l’emissione propagandava proprio… la guerra in atto.
Ogni francobollo riporta due immagini: a destra l’effigie del Re (ripresa dalla serie “Imperiale“ del 1929) e a sinistra una scena di guerra. Quattro vignette che si ripetono tre volte, in diverso valore e diverso colore.
Le quattro scene sono dedicate alla Marina, all’Aeronautica, all’Esercito ed alla Milizia.
Ogni francobollo riporta un motto:
“La disciplina è arma di vittoria”
“Armi e cuori devo essere tesi verso la meta”
“Tutto e tutti per la vittoria”
“La vittoria sarà del Tripartito”.
Il Tripartito era il nome dell’alleanza stipulata a Berlino nel 1940 tra Germania, Italia e Giappone.
Questa emissione è altamente significativa dell’importanza del francobollo quale mezzo di comunicazione sociale (di ogni genere), funzione che esso ha mantenuto fino a qualche anno fa: ovvero fino a che non è stato sostanzialmente sostituito dalle più veloci affrancatrici meccaniche, e poi dalla posta in convenzione, dai label e infine da mail e PEC.
Ritroviamo la stessa serie con la soprastampa Repubblica Sociale Italiana, eseguita dopo l’8 Settembre ed il conseguente “spaccamento” del Paese.
La stessa emissione è stata soprastampata con la dicitura G.N.R., Guardia Nazionale Repubblicana, sempre nell’ambito della R.S.I..
Le due soprastampe eseguite dalla Repubblica di Salò, avevano un significato esplicito: nonostante l’armistizio, la guerra “continua a fianco dell’alleato tedesco”. La copertura dell’immagine del Re con le relative diciture, era concepita in dispregio al Sovrano e ai “traditori” che avevano, non solo firmato l’armistizio, ma rivolto le armi contro l’antico alleato tedesco.
Oltre gli avvenimenti di casa nostra, oggi vogliamo però soffermarci su un francobollo che più di tutti rappresenta il grido di dolore di chi dalla guerra viene colpito al cuore. È un francobollo spagnolo di grandi dimensioni che riproduce il celebre dipinto “Guernica” di Pablo Picasso, emesso in occasione del 100° anniversario della nascita del grande pittore.
Il dipinto, come è noto, venne realizzato (più giusto dedicato, e vedremo perché) dopo il bombardamento aereo che rase al suolo l’omonima città.
La terribile “impresa”, avvenuta nel corso della guerra civile spagnola, venne portata a termina dalla Legione Condor della Luftwaffe tedesca il 26 aprile 1937.
La tela misura 354 cm per 782 cm: l’opera per la sua potenza evocativa, divenne subito un manifesto contro tutte le guerre, evidenziandone emotivamente la disumanità.
Il quadro decorava il padiglione spagnolo durante l’Esposizione mondiale di Parigi del 1937. Dopo l’esposizione, Picasso non permise che il suo dipinto tornasse nella Spagna franchista.
Il dipinto venne ospitato fino al 1981 al Museum of modern art di New York , per tornare in patria dopo la morte di Picasso e del dittatore Francisco Franco.
Oggi il quadro si trova esposto presso il Museo Reina Sofia a Madrid e l’impatto visivo trasmette immediatamente al visitatore un senso di angoscia esistenziale e quindi di repulsione verso la guerra, così come Picasso desiderava.
Il quadro divenne per gli spagnoli il simbolo della fine del franchismo così come era diventato in tutta Europa, il simbolo della resistenza al nazismo ed al fascismo.
Secondo una accreditata tesi, il dipinto venne “dedicato” all’avvenimento e non realizzato per questo. Secondo alcuni studiosi infatti il soggetto in un primo momento rappresentava la morte di un famoso torero dell’epoca e si intitolava “En muerte del torero Joselito”.
Successivamente, pur senza grandi modifiche, Picasso propose il quadro per rappresentare un avvenimento alquanto diverso, ma di significato assonante: la sofferenza degli innocenti prima di una morte assurda.
Sulla bellezza icastica del francobollo e sulla sua forza emozionale, non mi pare ci sia nulla da aggiungere. Un francobollo contro tutte le guerre, un manifesto contro la crudeltà che non deve avere posto nel cuore dell’umanità.
Ancora una volta risulta evidente quanto il francobollo, con la sua grande forza evocativa e con la sua valenza di mass media ante litteram, sia stato per quasi due secoli un’efficace rappresentazione dell’umanità e della sua storia. Ha assolto tanti compiti compreso quello di incorruttibile monitore morale contro ogni guerra, anche e specialmente quando la guerra ha evocato e giustificato.
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