L’interofilia non è una malattia ma uno dei tanti modi per “collezionare” la Storia

(di Franco Giannini) L’interofilia… non è una malattia! Lo preciso subito perchè tutte le volte che mi dichiaro “Interofilo”, le mie parole suscitano, nei non addetti ai lavori, lo sguardo tipico di chi pensa… “poverino, chi l’avrebbe mai detto”!

Certo a ben guardare, poiché sempre di collezionismo si tratta, del tutto normale proprio non credo di esserlo. Basta vedere come aggancio il malcapitato che, forse per rimediare all’involontaria gaffe, fa l’ulteriore errore di dimostrare una cortese attenzione al settore delle Cartoline Postali, agli Interi Postali per l’appunto.

Il volontario atto di cortesia, utilizzato nei confronti dei collezionisti, spesso considerati maniaci alquanto pericolosi, dà infatti la stura ad un fiume inarrestabile di  informazioni che spaziano dalle origini dell’Intero postale ai giorni nostri, con aneddoti, curiosità e quant’altro: in genere, solo l’intervento di chi meglio mi conosce per aver subito analogo trattamento, riesce a salvare, con gran fatica, il malcapitato.

La sindrome è conosciuta e quasi innocua: dandogli l’occasione di parlare dell’argomento che appassiona lui e pochi altri “ammalati”, il collezionista si addentra in particolari e minuziosi aspetti che dovrebbero, in teoria, essere di palpitante interesse per il resto dell’umanità, ma che, ahimè, vengono snobbati dai più.

Pertanto per evitare che la noia assalga chi ha già avuto la pazienza di iniziare a leggere queste righe, mi limiterò a trattare il tema della collezione degli Interi Postali evitando il più possibile gli aspetti tecnici, allo scopo di non perdere i miei già pochi lettori … per strada.

Comunicare è sempre stata una delle esigenze fondamentali dell’uomo. Così, in attesa che si sviluppasse l’attuale società della Tecnologia dell’Informazione e della Comunicazione (ICT), la missiva, prima con il trasporto “ad personam” mediante messaggero, poi più economicamente attraverso il servizio postale che i diversi Stati erano andati via via organizzando, è stata per più di un secolo il principale mezzo per dare e ricevere notizie.

Così fino alla seconda metà del 1800, corrispondere con qualcuno comportava l’uso di almeno un foglio di carta, sempre più spesso di una busta, nonché del necessario francobollo, per rendere “franca” ovvero esente da tassa, la missiva. Il sistema, pur utilizzando “materiale di base” di non sempre facile reperimento, almeno nei centri minori, garantiva peraltro la riservatezza del contenuto, grazie alla chiusura, talvolta con un sigillo, della lettera.

Non sempre però, come nel caso delle comunicazioni “di lavoro” che incominciavano ad essere in numero assai significativo, con la diffusione e lo sviluppo delle attività legate all’industria ed al commercio, la riservatezza rappresentava un valore aggiunto o essenziale: si poteva tranquillamente rinunciarvi, in cambio, ad esempio, di un servizio più celere ed economico.

E’ quanto intuirono le Poste dell’Impero Austro-Ungarico che, nel 1869, introdussero l’uso, successivamente imitato da tutti i maggiori stati (il Regno d’Italia seguì l’esempio nel Gennaio 1874), di un semplice cartoncino che recava sul fronte l’impronta di un francobollo e lo spazio per l’indirizzo del destinatario, e lasciava il retro per brevi comunicazioni.

Il successo fu immediato a livello internazionale. Il volume degli scambi epistolari aumentò rapidamente e con una velocità superiore alle aspettative, mentre il timore che occhi indiscreti leggessero il contenuto della missiva scemò di pari passo.

Così, se in un primo tempo si pensò di aggirare l’altrui curiosità limitandosi a generiche frasi di circostanza, ovvero ricorrendo ad espressioni in codice, a testi stenografici se non addirittura a grafie poco diffuse, il greco ad esempio, successivamente non si prestò più particolare attenzione alla possibilità che qualcun altro, oltre al destinatario, leggesse il contenuto della Cartolina: l’uso della Corrispondenza  Aperta, più economica, più facile da utilizzare in una parola più nuova, divenne una realtà.

Ai contenuti legati al mondo degli affari, si aggiunsero così, in misura sempre crescente, pubblicità varie, partecipazioni, saluti, notizie di viaggi, raccontate, quest’ultime, con brio ma anche con la necessaria concisione che il poco spazio a disposizione imponeva, a meno che non si possedesse una calligrafia molto minuta, fatto abbastanza raro a quei tempi di scarsa e spesso non completa scolarizzazione.

Talvolta poi, e si tratta in tal caso di esemplari particolarmente interessanti e non di rado notevoli per la loro pregevole fattura e l’indubbia qualità grafica, la Cartolina Postale fu utilizzata come semplice supporto per uno schizzo a penna, a matita, a china, da inviare come MMS ante litteram all’amico o all’amica lontani.

Entrati dunque nell’uso comune per la loro praticità e resi disponibili presso la quasi totalità dei centri abitati, gli Interi Postali testimoniano ancora oggi, con il loro contenuto, molti aspetti della vita di tutti i giorni, raccontando talvolta avvenimenti che hanno trovato spazio nei libri di Storia, ma che qui vengono visti e documentati da un’angolazione del tutto inconsueta e perciò spesso più interessante … ma su questo aspetto torneremo più avanti.

Restando infatti in Italia, dovettero passare più di quindici anni perché, lo Stato pensasse di estendere la comodità di disporre di tutto il materiale necessario alla missiva anche alla Corrispondenza Chiusa. In realtà, ancora una volta, qualcuno in Europa ci aveva pensato un po’ prima: ma tant’è, nel 1889, anche il Regno d’Italia emise il suo primo Biglietto Postale (o meglio i suoi primi due, uno per il distretto cioè praticamente per la città, e l’altro per tutto il Regno).

Il nuovo Intero, realizzato in cartoncino doppio e con margini gommati e perforati, permetteva la chiusura e quindi garantiva il segreto epistolare, pur conservando la facilità d’uso che aveva fatto la fortuna della precedente soluzione. Il bordo perforato infine rendeva agevole l’apertura, aumentandone così la praticità complessiva.

Il nuovo secolo si apre così, da questo particolarissimo punto di vista, con un sistema di corrispondenza collaudato, cui verranno apportati negli anni seguenti solo pochi ma significativi miglioramenti nonché nuovi servizi per l’utenza, come ad esempio la consegna espressa per fattorino, per rendere ancora più veloce la comunicazione postale.

Ebbene sì. In un periodo in cui si ricorre alla posta prioritaria sperando in una consegna in tempi “ragionevoli”, non può lasciare indifferenti l’idea che si volesse rendere più veloce un servizio che già consentiva all’utente di fissare al mattino un appuntamento per il pomeriggio, utilizzando una Cartolina o un Biglietto Postale, come più di un esemplare presente nella mia collezione dimostra, con la certezza di trovare qualcuno ad attenderlo!

E venne la Grande Guerra, e con essa l’aumento vertiginoso del traffico postale fra le truppe “alla fronte” (come si diceva allora, prima che nel ventennio cambiasse sesso divenendo, molto più virilmente, “il fronte”) ed i loro famigliari. Gli Uffici di Posta Militare arrivarono infatti a smistare più di due milioni di corrispondenze al giorno mentre, per facilitare le necessarie operazioni di Censura, si decideva di favorire l’uso della corrispondenza aperta.

Così mentre veniva estesa anche alla corrispondenza diretta agli Ufficiali al fronte la tariffa ridotta (normalmente riservata alla sola truppa), si consentiva a tutti i combattenti di utilizzare per tutto il periodo di permanenza al fronte, speciali Cartoline in Franchigia, ovvero in esenzione di tassa, ripetendo e migliorando la precedente esperienza del 1911 durante la Guerra di Libia.

Stampate in un’infinità di tipi e sottotipi diversi, realizzate in molti casi anche da privati ed offerte in omaggio ai combattenti, queste Cartoline erano distribuite gratuitamente in un numero che variò molte volte nell’arco del conflitto e che arrivò fino a sette alla settimana, nei mesi di agosto, settembre ed ottobre 1916. Il risultato fu, che alla fine delle ostilità, si valutò in più di 400 milioni il numero di queste speciali missive.

Ma se l’apporto dei privati con la stampa in proprio delle Cartoline, risultava ben accetto allo Stato che ne ricavava un sensibile vantaggio economico, in termini di risparmio dei costi relativi, le Poste per fare fronte al fortissimo conseguente aumento delle spese di gestione e provvedere ai bisogni straordinari del Tesoro (come recitava il corrispondente Decreto) introducevano ad esempio, sempre nel novembre 1915, il diritto di Fermo Posta.

Gli Italiani insomma, a casa o al Fronte, impararono a familiarizzare con l’uso della Cartolina Postale, al messaggio tradotto in notizie scarne ma essenziali per mantenere vivo il legame affettivo tra il soldato e la sua famiglia, grazie all’unico mezzo di comunicazione spesso disponibile per chi rischiava ogni giorno la vita in trincea.

Gli episodi della Prima guerra Mondiale con Caporetto e la Battaglia del Piave, con Vittorio Veneto ed il proclama di Armando Diaz, insieme ad episodi di vita comune, di sentimenti messi a dura prova, di piccoli sconosciuti atti di altruismo trovano così eco puntuale nella miriade di documenti postali ancora oggi reperibili tra le carte della nonna (o della bisnonna), miracolosamente intatti o, più spesso, rovinati dagli anni e dall’umidità.

Allo stesso tempo, il Comando Supremo, scopriva nella Cartolina in Franchigia un fenomenale strumento di propaganda da utilizzare nel Paese per aumentare, insieme al consenso nei confronti della guerra e delle sue motivazioni, anche il risentimento popolare nei confronti dell’occupazione austriaca ed addirittura i sentimenti di odio “per il nemico”

Sugli esemplari ufficiali accanto alle allegorie belliche, agli stemmi ed alle bandiere, incominciarono così ad apparire vignette, frasi, slogan di propaganda, opera dei più noti artisti dell’epoca, ingaggiati per sostenere questa capillare offensiva psicologica, in maniera non difforme dalle moderne “campagne d’opinione”.

E’ opportuno sottolineare come, ancora una volta, sia proprio il contributo individuale, nella sua spontaneità e semplicità, ad attirare maggiormente l’attenzione del collezionista: non sono rari infatti i casi di combattenti che utilizzarono le Cartoline distribuite in trincea come foglio da disegno per fissare, in immagine, un paesaggio, un ricordo, uno stato d’animo.

E’ il caso dell’anonimo fante dotato di indubbia sensibilità e capacità d’artista che pensò di “personalizzare” la propria corrispondenza dal Fronte, riproducendo, a matita anziché a penna (per ragioni facilmente intuibili), le caricature di due personaggi che quasi sicuramente aveva visto, è il caso di dire, solo “in cartolina”, personaggi che vengono riprodotti con una verosimiglianza tale da non richiedere ulteriori delucidazioni.      

                              

Il Ventennio Fascista dimostrò, fin dai suoi esordi, di conoscere assai bene l’efficacia del messaggio postale, soprattutto se affidato alla Cartolina Postale che divenne così, nel corso degli anni, una formidabile arma di Propaganda nelle mani del Regime.

Si cominciò infatti con le due Cartoline Postali emesse in occasione delle Elezioni del 6 Aprile 1924, a sostegno della Lista Nazionale, recanti nella parte sinistra del recto, una frase di Mussolini, che rivendicava… ai sopravvissuti ed ai ritornatiil diritto di governare l’Italia.

Al di là della retorica, peraltro caratteristica dei tempi, si trattava di un messaggio “pubblicitario” a tutti gli effetti, che si inseriva nel filone di analoghe Pubblicità apparse, sotto forma di tassello, sugli Interi Postali a partire dal 1919, più di duecento esemplari diversi, ricercati ancora oggi dai collezionisti di tutto il mondo ed in particolare dai cultori della Filatelia Tematica, che avevano incontrato un certo favore nel pubblico.

Così, accanto a beni di consumo di tutti i tipi, dal sapone al cioccolato, dalla birra, al lucido per le scarpe, ma anche ad industrie di vario genere, hotel, banche, a compagnie di navigazione e di assicurazione etc., il genio italico pensò opportuno, ed era la prima volta, di promuovere, come si dice oggi, un’idea allo stesso modo di un qualsiasi altro prodotto!

Pur riportando infatti l’indicazione, come anno di emissione, del 1923 , le prime date d’uso dell’Intero Postale sono del 2 Aprile 1924, pochissimi giorni quindi prima della tornata elettorale. Il Partito dovette così accontentarsi, per quanto riguarda il messaggio postale della sola targhetta con Fascio ed invito VOTATE LA LISTA NAZIONALE, utilizzata a tappeto per annullare, oltre alle Cartoline Postali, tutti i valori bollati della corrispondenza, già a partire dall’anno precedente che pure vediamo nella figura precedente.

Al di là dei risultati ottenuti con questo primissimo esperimento, c’è peraltro da osservare, che l’uso delle targhette di contenuto politico e soprattutto l’emissione di lunghe serie di Francobolli ed Interi Postali, da impiegare per una massiccia operazione di auto celebrazione e di capillare propaganda sui risultati positivi ottenuti dal Regime, divenne una costante in tutto il Ventennio, a partire dai quattro Interi da 30c. emessi per ricordare, nel Luglio del 1931, l’inaugurazione della monumentale nuova Stazione di Milano.

A titolo di esempio ed approfittando anche del singolare uso che se ne fece, la Cartolina Postale che vediamo  illustra molto bene il senso di quanto ricordato. La Cartolina da 15 cent. in questione, fa parte di una delle serie note come Opere del Regime ed apparve agli inizi degli anni trenta con numerose consorelle da 30c. e 75c., ideate per diffondere nel Distretto, nel Paese ed all’Estero, le informazioni relative ad alcune delle più significative realizzazioni del Regime in campo edilizio. Si tratta, nel nostro caso, dell’Ospedale del Littorio di Roma – oggi Ospedale San Camillouno dei 24 soggetti prescelti.

L’Intero fa parte di un discreto numero di esemplari (personalmente ne conosco cinque), tutti dello stesso tipo e diretti a Italo Balbo, Ministro dell’Aria, da poco balzato agli onori della cronaca a livello internazionale per la perfetta riuscita della storica Crociera Nord Atlantica, per il Decennale della Regia Aeronautica (1 Luglio-12 Agosto 1933), impresa che aveva suscitato una forte corrente di simpatia e di ammirazione per gli eroici trasvolatori ed aveva sottolineato, tra l’altro, le notevoli capacità tecnologiche raggiunte dall’Italia del nuovo corso nell’emergente settore del trasporto aereo.

L’Intero in questione, annullato il 14 agosto del 1933 (appena 2 giorni dopo la conclusione della Crociera), è affrancato con l’aggiunta di un adesivo da 5 cent. per soddisfare la tariffa di 20c. prevista per la corrispondenza con cinque parole di convenevoli (Inneggio vittoriosa Aeronautica italiana. Alalà) oltre alla firma, qui apposta con grafia incerta da un giovane fascista di Stella Cilento.

Tornando agli Interi, vedono in quegli anni la luce, oltre a nuove serie celebrative delle opere del Regime, sempre nei tre tagli da 15c., da 30c. e da 75c. (anche nella versione “doppia” ovvero con risposta pagata), una serie  per la Regia Scuola Superiore di Pisa, una emissione Pro Milizia, una serie di Propaganda Turistica delle Bellezze d’Italia, illustrata da fotografie dell’ ENIT, Ente Nazionale Italiano per il Turismo.

Curiosamente, quest’ultima serie conta 25 vignette differenti, fatto singolare ricordando che le lastre di stampa erano predisposte per 24 esemplari. La ragione? Nella prima emissione degli Interi di Propaganda Turistica, tra le 24 vignette canoniche era stata inserita la veduta di una Fontana di Piazza San Pietro, senza pensare che si trattava di una veduta di uno Stato Estero. Perciò, nelle tirature successive, si dovette procedere alla sua sostituzione con la vignetta della Strada del Tonale e Gardesana occidentale: da qui l’esistenza di 25 vignette differenti.

In altre parole, già prima della storica gaffe relativa ai confini del Perù nel Gronchi Rosa, notissimo ai filatelisti di ogni età, a metà degli anni trenta le Poste Italiane erano state già coinvolte in un “incidente” analogo!

Ritornò infausta la Guerra e con essa l’uso massiccio delle Cartoline Postali. Le modalità non furono dissimili da quelle già sperimentate vent’anni prima: Cartoline in Franchigia dal fronte ai famigliari, tariffa ridotta da casa al fronte.

Erano cambiate però le condizioni. Nei fatti, il dislocamento di centinaia di migliaia di militari sui vari fronti, la posta rimasta come mezzo base, quando non unico, della comunicazione, la necessità di agevolare al massimo le relative operazioni di censura, a fronte di un impressionante volume di corrispondenze (più di 4 milioni e mezzo di pezzi al giorno nel solo secondo semestre del 1942), spingevano ad incentivare vieppiù l’uso degli Interi.

Le vicende del conflitto sono ben note. La guerra prima lontana dall’Italia, poi sul territorio metropolitano. L’8 settembre, la nascita al Nord della Repubblica Sociale Italiana e nelle province meridionali del Regno del Sud, la linea del fronte che avanza lentamente verso il Nord d’Italia, le città ed i paesi che vengono liberate spesso a prezzo altissimo di sangue e distruzioni, un popolo che cerca di dimenticare rapidamente ma a fatica anni di lutti e di privazioni: tutto questo, come sempre, puntualmente documentato, dalla posta del periodo.

I contenuti scarni (il limite di 25 parole previsto per la corrispondenza aperta, l’unica ammessa ogni volta che si ristabilivano le comunicazioni epistolari con le zone di recente liberazione, non permetteva discorsi articolati), le più disparate richieste di informazioni se non di aiuto morale e materiale, la cronaca cruda di avvenimenti solo raramente positivi (una nascita, un matrimonio) sono lì a testimoniare ancora una volta come la conoscenza del nostro comune passato possa trovare alimento in materiale, altrimenti comune e pertanto spesso trascurato e dimenticato.

E’ il caso dell’Intero che vediamo, certamente degno di nota in un universo filatelico dove il desiderio più diffuso è di avere in collezione solo Interi Postali arrivati sino a noi in condizioni perfette, scritti con bella calligrafia, senza macchie etc. etc.: chi è alla ricerca di materiale senza pieghe, ”orecchiette” e fori di spillo, non presta certo attenzione ad un mezzo Biglietto Postale. Eppure…

Ma procediamo con ordine. Roma, come si sa, fu liberata il 4 giugno 1944 e subito si pensò alla ripresa del servizio postale che gli Alleati annunciarono il 12 giugno. Successivamente, lo Stato Maggiore Esercito, precisava, il 17 giugno, che le Cartoline Postali dovranno essere censurate al cento per cento.

Ecco dunque lo scenario nel quale inquadrare l’uso del Biglietto Postale da 50 c. del tipo Imperiale, usato a metà il 17 giugno 1944 da Bari a Roma. Il mittente utilizza infatti il tipo d’intero che evidentemente ha a disposizione: un BP da 50c., in corso ed utilizzabile, fino ad allora, per la normale corrispondenza “chiusa” nel Regno del Sud, ma non per Roma, come si è detto, almeno in quei giorni.

Da qui la decisione di tagliarlo a metà e di utilizzarlo come “Cartolina Postale”, anche rimettendoci 20c., in ossequio alle norme appena emanate, norme che come ufficiale addetto all’ufficio censura militare, il mittente doveva evidentemente conoscere molto bene: indicazione precisa del mittente, testo limitato a non più di 25 parole e, soprattutto, l’utilizzazione del Biglietto Postale come supporto per corrispondenza aperta, per evitare, come si detto,  il mancato inoltro. Poche parole, dunque, l’ansia di avere notizie dopo tanti mesi di silenzio, il desiderio di raggiungere quanto prima i propri cari: un quadro emblematico dello stato d’animo più comune in quei giorni bui.

Un solo ulteriore esempio, prima di chiudere queste note: l’Intero Postale da 60 cent. che vediamo,  del tipo Imperiale senza fasci, già in uso nelle regioni del Sud dal Novembre 1944, e quindi abbastanza comune se utilizzato “normalmente”. Ma ecco che, a ben osservare, l’esemplare in questione proprio comune non è. L’Intero Postale parte da Roma ed è diretto al Nord d’Italia nel primo periodo del ripristino dei servizi postali Sud-Nord.

Non presenta inoltre il complemento di affrancatura di ulteriori 60c. necessari a seguito del raddoppio della tariffa per la corrispondenza aperta nel Sud d’Italia, portata a 1.20 lire dal 1 aprile 1945. Nelle Regioni del Nord, infatti, la corrispondente tariffa è ancora di 50c. (e tale rimarrà fino al 30 giugno 1945): i 60 c. del valore nominale dell’intero sono perciò più che sufficienti per l’inoltro, essendo addirittura in eccesso di 10 c.

Diretto ad Iselle, in provincia di Novara, l’Intero vi giunge il 27 maggio 1945, dopo essere stato annullato a Bologna il 14 maggio, essendo stato scritto a Roma il giorno 11 maggio ed affidato … per l’impostazione ad un Collega che si reca nell’Alta Italia…, con la speranza che possa pervenire al più presto.

Continuando con il nostro studio, possiamo ancora osservare che l’Intero, impostato a Bologna appena 3 giorni dopo essere stato scritto, dovette aspettare la fine della sospensione dell’inoltro della corrispondenza (durata fino al 18 maggio), prima di poter riprendere il suo viaggio per la destinazione finale, dove giunse comunque in un tempo più che accettabile in quel periodo.

Interofilia – Storia (Postale e non solo), un binomio che ho lentamente imparato ad apprezzare e che considero ora inscindibile, un binomio che da tempo guida i miei interessi di collezionista e che mi spinge, continuamente, ad approfondire gli studi relativi ad episodi del passato nei quali, di tanto in tanto, mi imbatto casualmente nel mio girovagare domenicale tra mercatini e bancarelle.

Di questa passione, di questa lucida “follia” ho cercato di farmene e darvene, una ragione.

Ott 16, 2018 | Posted by in Articoli | Commenti disabilitati su L’interofilia non è una malattia ma uno dei tanti modi per “collezionare” la Storia
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