Gronchi rosa … luci, ombre e fantasmi

I fatti

(Giuseppe Di Bella) Nel corso degli ultimi anni, grazie alla collaborazione di alcuni collezionisti che hanno vissuto la vicenda in prima persona, ho ritrovato alcuni interessanti documenti relativi al comportamento dell’Associazione dei commercianti italiani a fronte del ritiro del Gronchi rosa dalla vendita. Alla luce di questi ulteriori documenti e di altri “indizi” raccolti nel corso di una inchiesta mai dichiarata chiusa, ritengo utile ritornare a parlare dell’emissione e del ritiro del più famoso francobollo italiano, quel Gronchi rosa tanto desiderato quanto chiacchierato, nel 1961 come oggi.

Sono ormai trascorsi parecchi anni dall’emissione della serie di tre francobolli celebrativi del viaggio del Presidente della Repubblica Italiana, Giovanni Gronchi, nel Sud America e quindi del famoso “Gronchi rosa” e del suo alter ego di colore grigio.

Sull’argomento sono stati versati fiumi d’inchiostro, ciò nonostante nell’ambiente filatelico è opinione diffusa che la vicenda non sia ancora del tutto chiara ed in realtà attorno a questo francobollo aleggiano da sempre diversi “fantasmi”.

Sarà bene andare per ordine e ricostruire brevemente gli avvenimenti.

Il 3 Aprile 1961 (Lunedì di Pasqua) le Poste italiane procedettero alla distribuzione di una serie di tre francobolli per celebrare la visita del Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi in Argentina, Uruguay e Perù (tiratura 2.000.000 di serie)

La serie venne distribuita tre giorni prima della data ufficiale di emissione e di validità postale che era il 6 aprile, al fine di permettere la preparazione degli aerogrammi che sarebbero stati poi convogliati a Roma, per essere imbarcati sull’aereo presidenziale.

La distribuzione anticipata fu limitata agli uffici principali, ovvero sostanzialmente alle Direzioni postali site nei Capoluoghi di Provincia all’epoca esistenti.

Il francobollo da 205 Lire, stampato in colore rosa e dedicato alla visita in Perù, riportava i contorni dello Stato Sud Americano errati, poiché il disegno non teneva conto di una parte del territorio peruviano, il così detto triangolo amazzonico, da secoli conteso all’Ecuador ma attribuito al Perù da due decisioni della Corona spagnola e occupato dall’esercito peruviano nel 1941. Anche altre parti della linea di confine non erano correttamente riportate nel disegno.

Anche la Conferenza tenutasi nel 1942 a Rio de Janeiro, aveva attribuito quell’area della foresta amazzonica al Perù, ma ancora nel 1961 l’Ecuador rivendicava quel territorio ed in quello stesso anno, aveva emesso provocatoriamente, una serie di francobolli dedicata all’Amazzonia in cui ancora rappresentava il proprio territorio comprendente quella parte contesa al Perù.

L’errore del poligrafico, ovvero del disegnatore, fu dovuto all’utilizzo, per la preparazione del bozzetto, dell’edizione del 1939 dell’Atlante Geografico De Agostini che naturalmente non riportava i confini del Perù come aggiornati dalla Conferenza di Rio de Janeiro del 1942. Veniva involontariamente toccato un nervo scoperto e l’errore provocò le vibrate e reiterate proteste dell’Incaricato d’Affari peruviano a Roma Alfonso Arias Schreiber Pezet: il fatto filatelico minacciava di degenerare veramente in un incidente diplomatico, poiché il francobollo errato avrebbe potuto essere interpretato come una presa di posizione italiana a favore delle rivendicazioni dell’Ecuador.

La notte fra il tre ed il quattro Aprile venne diramato un telegramma urgente di servizio a tutte le Direzioni provinciali delle Poste, che disponeva il ritiro dalla vendita del valore da 205 Lire rosa. Venne inoltre disposta la ricopertura dei francobolli già applicati sugli aerogrammi, con un nuovo valore che sarebbe stato reso disponibile immediatamente (in realtà fu pronto il cinque Aprile).

Approntato il nuovo valore da 205 Lire in colore grigio, con gli esatti confini del Perù, gli esemplari del 205 Lire rosa già applicati sugli aerogrammi (9.887 buste, affrancate con 10.160 pezzi) vennero ricoperti, a cura di una trentina di volenterosi impiegati delle Poste, con il nuovo valore. Solo una ventina di buste sfuggirono ai controllori e su queste l’esemplare rosa risulta regolarmente timbrato e viaggiato non ricoperto.

Quello del Gronchi rosa è l’unico caso al mondo di un francobollo emesso, ritirato dalla vendita e ricoperto su buste già affrancate.

Il Gronchi rosa esiste anche annullato su un certo numero di buste “primo giorno” e di corrispondenze interne: infatti pur essendo il 3 aprile un giorno festivo, alcuni accaniti e fortunati filatelisti si recarono ugualmente alle poste per acquistare il francobollo e far timbrare la serie con la data del primo giorno di emissione.

In realtà queste buste non sono tecnicamente delle “prima giorno di emissione”. Infatti il primo giorno di validità postale ufficiale per l’affrancatura, dei tre (rectius quattro) valori della serie, resta comunque il 6 Aprile, ovvero il giorno della partenza del volo presidenziale. Più correttamente si deve parlare di buste “primo giorno d’uso”.

Nonostante il clamore suscitato dal ritiro dalla vendita, riscontriamo alcuni casi di “tolleranza” (più o meno consapevole) dell’uso del Gronchi rosa, anche ben oltre la data del suo ritiro quando era stato posto di fatto “fuori corso”. Oltre ad alcuni esemplari e due quartine (data del timbro 6.4.1961) applicati su buste che non vennero in effetti inoltrate col dispaccio presidenziale, si conoscono alcune raccomandate interne del mese di aprile, e due viaggiate nel mese di maggio 1961.

Si conoscono infine tre esemplari utilizzati per affrancare gli aerogrammi del 13.mo Giro Aereo di Sicilia, disputatosi il 2 Luglio 1961.

Recentemente è stato ritrovato un esemplare viaggiato su cartolina della lotteria Italia nel 1983, non tassata.

Questi, in estrema sintesi, i fatti e quindi la storia ufficiale: adesso passiamo alle opinioni.

Le tante opinioni

Un primo errore sistematico commesso per 40 anni è stato corretto qualche anno fa da alcuni cataloghi italiani. Infatti fino alle edizioni del 2000 in alcuni cataloghi, il Gronchi rosa è stato classificato erroneamente come un francobollo “non emesso” qualifica che non gli compete in quanto regolarmente emesso e posto in vendita allo sportello, anche se successivamente ritirato: i non emessi invece sono per definizione quei francobolli stampati ma non venduti al pubblico né utilizzati dalle poste, in quanto privi di valore di affrancatura, ovvero di “corso postale legale”.

Conseguentemente risulta altrettanto errata la tesi secondo la quale il francobollo in esame non avrebbe avuto corso postale. Infatti è irrilevante la circostanza che la serie sia stata resa disponibile tre giorni prima della validità ufficiale solo per consentire il tempestivo inoltro degli aerogrammi, poiché questa limitazione dell’uso non venne di fatto applicata e per tutta la giornata del 3 Aprile 1961, anche se l’istruzione ministeriale del 28 Marzo 1961 disponeva chiaramente che la serie avrebbe avuto validità postale solo dal 6 aprile, il Gronchi rosa in quanto venduto al pubblico ufficialmente presso gli sportelli postali, è stato di fatto e di diritto un francobollo, ovvero una carta valore dello Stato italiano, emessa regolarmente, acquistata altrettanto regolarmente dal pubblico e quindi di fatto valida a tutti gli effetti e per tutti gli usi postali.

E’ quindi fuori discussione che il francobollo, anche se per un tempo molto limitato, ha avuto di fatto regolare e legittimo corso postale. Risulta quindi innegabile lo status di “documento ufficiale dello Stato italiano” rivestito dal Gronchi rosa. Ed è proprio per questo suo status di diritto, per questa sua indubbia valenza politica, che l’ambasciata del Perù intervenne richiedendone il ritiro.

Da queste considerazioni discende che il Gronchi rosa, non essendo un valore postale non emesso, bensì emesso per errore e ritirato, fa parte a pieno titolo della collezione dei francobolli usati della Repubblica italiana, piaccia o no, con tutto ciò che ne consegue.

Taluni Uffici, mal interpretando i contenuti del telegramma (es. Salerno) continuarono ad ammettere alla timbratura le buste primo giorno che venivano presentate allo sportello, sia il 4, 5 e 6 aprile.

Qualche ufficio (es. Pistoia) accettò il 6 aprile buste primo giorno con applicati i quattro valori emessi, rosa compreso.

Ugualmente il 4 ed il 5 aprile, vennero realizzate buste FDC con i soli due valori disponibili ovvero il 170 ed il 185 Lire (es. Parma), e poi col solo 205 Lire grigio (es. Roma, Milano Palermo).

Infine alcuni collezionisti che il 6 mattina presto avevano realizzato la “busta primo giorno” (di emissione ufficiale) con i due valori da 170 e 185 Lire, in tarda mattinata aggiunsero il 205 Lire grigio e fecero ritimbrare la busta (es. Milano).

E’ necessario tenere presente, ai fini della corretta valutazione del fenomeno, che sebbene il valore facciale dei tre valori fosse stato calcolato per l’affrancatura delle corrispondenze inoltrate per posta aerea nei tre Paesi che il Presidente avrebbe visitato, nulla vietava in linea di diritto il loro utilizzo per affrancare qualsiasi tipo di corrispondenza od oggetto postale, come avvenuto di fatto con i valori da Lire 170, 185 e 205 rosa e grigio.

Ugualmente non possono essere avanzati dubbi sullo status di validità postale degli aerogrammi sfuggiti alla ricopertura, nei quali all’errore nel francobollo si è aggiunto l’errore della mancata ricopertura, che di fatto riconosce validità postale funzionale ad un valore ritirato dalla vendita e posto fuori corso.

Il numero di esemplari venduti: una festa per pochi

Una breve premessa è necessaria: risultano determinanti per la comprensione delle circostanze in cui si svolse la vendita del Gronchi rosa, due considerazioni.

La prima riguarda il fatto che l’emissione avvenne in giorno festivo e pertanto erano presenti allo sportello solo pochissimi collezionisti “irriducibili”, mentre erano quasi completamente assenti i commercianti, essendo chiusi gli esercizi e le banche.

La seconda considerazione riguarda la limitata “disponibilità” psicologica ed economica in senso lato, di collezionisti e commercianti che un mese prima avevano effettuato un gravoso esborso per rifornirsi della serie ordinaria Michelangiolesca di elevato valore facciale.

Il punto certamente più controverso è sempre stato quello della vendita agli sportelli postali e quindi il numero di esemplari in circolazione. E tanti hanno … dato i numeri.

Il Catalogo Sassone, fino all’edizione del 1967 erroneamente annotava in calce: “…ne risultano venduti 210.000 esemplari, in gran parte speculativamente incettati: alcuni sono stati erroneamente annullati.”

Nelle edizioni fino al 2000 invece riportava “Il ministero delle Poste ha comunicato la vendita di circa 80.000 esemplari”.

Nell’edizione del 2003 così si esprime: “Il Ministero delle poste ha comunicato ufficialmente la vendita di 70.625 esemplari”.

Risulta evidente che le notizie diffuse nel tempo dalle riviste specializzate e dai cataloghi, in merito allo status del francobollo ed al numero di esemplari venduti, sono state necessariamente imprecise stante la difficoltà di ricostruire una vicenda estremamente complessa e che si è consumata in modo alquanto articolato su tutto il territorio nazionale.

La prima ricostruzione storica di ampio respiro e attendibilità su questi avvenimenti, è l’inchiesta giornalistica magistralmente realizzata da Umberto D’Arrò e pubblicata su “Il Collezionista Italia filatelica” nel 1991 in occasione del trentesimo anniversario dell’emissione. Questa è basata su documenti di origine ministeriale che indicano in 79.455 il numero degli esemplari venduti. A questi vanno aggiunti 80 esemplari conferiti in omaggio a personalità e 90 consegnati al museo postale. Questo dato potrebbe essere considerato definitivo e vedremo perché.

Prima di affrontare ulteriori argomenti è necessario porre in evidenza uno stralcio della tabella ministeriale di rendiconto generale della vendita:

DIREZIONE FORNITI RESI VENDUTI

TARANTO 10.000 10.000 0

MATERA 5.000 5.000 0

NUORO 5.000 5.000 0

BRINDISI 5.000 4.994 6

SASSARI 10.000 9.960 40

RAVENNA 10.000 9.953 47

CAGLIARI 20.000 19.861 139

UDINE 20.000 19.040 960

VENEZIA 60.000 59.033 967

REGGIO CAL. 10.000 8.926 1.074

BERGAMO 20.000 18.936 2.038

FIRENZE 60.000 56.094 3.906

PALERMO 60.000 55.348 4.652

GENOVA 60.000 52.760 7.240

MILANO 100.000 89.987 10.013

ROMA 100.000 79.444 20.556

Risulta evidente che gli uffici si comportarono in modo alquanto “differenziato”, in merito all’osservanza ed alla tempestività dell’applicazione delle disposizioni emanate dal Ministero e l’incetta speculativa di cui riviste e cataloghi diedero subito conto, era certamente avvenuta: ma era altrettanto vero che questa non era stata effettuata direttamente da commercianti o da collezionisti, bensì da personale interno delle Poste, “addetto ai lavori”, che venuto a conoscenza del telegramma che disponeva il ritiro del francobollo, fece in tempo ad acquistarne o meglio a fingere di averne già venduti in quantità.

Infatti, secondo una ricostruzione che è supportata da alcuni documenti, dal numero degli esemplari venduti nei diversi Uffici e dalle testimonianze di chi ha vissuto in prima persona quei giorni, la mattina del quattro Aprile (secondo giorno dall’emissione) il citato telegramma era pervenuto a tutte le Direzioni Provinciali, ma presso alcune di esse l’applicazione risultò ritardata di qualche ora, si suppone in buona fede, per motivi burocratici o di collegamento tra la Direzione e lo sportello filatelico. E’ comunque certo che ancora nelle primissime ore della mattina del quattro Aprile, presso alcune Direzioni Provinciali era ancora possibile acquistare allo sportello la serie con il Gronchi rosa.

In altre Direzioni Provinciali la notizia del ritiro del francobollo determinò il termine della vendita al pubblico, ma non impedì che all’interno degli Uffici, nelle pieghe delle procedure di riconsegna alla cassa valori dei valori in carico agli sportellisti per la vendita, ed è questo il punto centrale della vicenda, qualche spregiudicato addetto ai lavori (rectius, impiegato applicato allo sportello filatelico) facesse in tempo a realizzare la famosa incetta.

A Palermo uno degli addetti agli sportelli, ricevuto l’ordine di riconsegna, fece in tempo, ad “acquistarne” o meglio a fingere di averne venduto il giorno prima, oltre 30 fogli: per conferire in contanti il corrispettivo del valore facciale in cassa, chiese denaro in prestito ai colleghi di lavoro.

Questa ricostruzione spiega il numero dei valori che risultano venduti a Palermo (ma anche a Roma, Milano etc.). Ed infatti la prova più evidente della irregolarità dei comportamenti, sta nei numeri delle vendite realizzate in maniera ingiustificatamente differenziata in relazione ad una presumibile identità dei tempi dell’azione (si confrontino i dati sopra riportati).

E’ possibile pertanto ipotizzare che a causa della non rigorosa né tempestiva applicazione delle disposizioni, la maggior parte dei Gronchi rosa siano stati di fatto “venduti” (o meglio incettati all’interno degli uffici postali e sportelli filatelici) la mattina del quattro Aprile e non già il tre.

Altra nota dolente è la distruzione dei valori ritirati. Infatti da sempre corre voce che l’italica arte del “fai da te” abbia suggerito ad alcuni intraprendenti “inceneritori pentiti” di sostituire qualche pacco di fogli di francobolli, ovvero la parte più interna di esso, con carta straccia, ma le cautele adottate dal Ministero per la custodia e la distruzione dei francobolli ritirati, sembrano escludere questa ipotesi, che resta dunque una delle tante leggende metropolitane su questo famoso francobollo.

A conti fatti dunque sottraendo dai 79.625 francobolli venduti i 10.160 utilizzati per affrancare gli aerogrammi poi ricoperti, si arriva alla conclusione che i Gronchi rosa nuovi in circolazione sono 69.465, cui vanno ancora sottratti quelli usati per le buste primo giorno e quei pochi utilizzati per altre corrispondenze.

Per la cronaca, ormai divenuta storia, aggiungiamo che il Presidente Giovanni Gronchi, cui è legata la nota vicenda, ironia del destino, era Egli stesso un appassionato collezionista, che aveva anche subito, qualche anno prima dei fatti, una cocente delusione in campo filatelico, per via dell’acquisto di alcuni importanti francobolli, che risultarono non essere originali, bensì dei saggi.

A tal proposito ricordiamo che, quando i francobolli ritirati si trovavano depositati in una stanza sigillata del Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni, “in attesa di giudizio”, vi fu una richiesta ufficiale da parte dei commercianti, di rimettere in vendita, solo per fini collezionistici e senza validità postale, tutta o parte della tiratura, da considerare come non emessa. Il no fu deciso e immediato: qualche maligno ipotizzò che lo stesso Presidente Gronchi, maldisposto per gli avvenimenti sopra ricordati, avesse posto il suo veto, per avversione verso alcuni grossi commercianti filatelici, ma non sussistono prove o documenti che autorizzino questa versione dei fatti.

Nell’ambiente filatelico non si parlò d’altro per mesi e diversificati furono i comportamenti dei commercianti. Riportiamo di seguito, per rappresentare l’incertezza in cui il mercato si dibatteva, una lettera della nota Ditta Ercole Gloria di Milano ad un collezionista di Cagliari abbonato al servizio novità di Repubblica:

Milano 15 giugno 1961

Egregio Signore,

Qui unito ci pregiamo rimettervi il francobollo “sbagliato” da 205 Lire emesso in occasione del viaggio del Presidente Gronchi nel Perù. Trattandosi di un esemplare di speculazione che noi siamo stati costretti ad acquistare, sebbene ad un prezzo di favore, sul libero mercato, l’abbonato non ha alcun obbligo di acquisto, pertanto può farcene resa entro cinque giorni dalla data di recezione.

Il prezzo attuale del 205 Lire in questione, oscilla da 7.000 a 10.000 Lire, comunque riteniamo opportuno precisarvi che la nostra Ditta ne effettua la fornitura senza nessun impegno o garanzia, né può, trascorso il periodo di cui sopra, accettarlo di ritorno. Questo diciamo soprattutto per il caso che il Ministero lo dovesse rimettere in validità al facciale, cosa che, almeno per il momento riteniamo sia da escludere.

Qui unita vi rimettiamo la circolare emanata dal Presidente del Sindacato nazionale dei commercianti filatelici riguardante tale francobollo.

Gradite i nostri più Distinti Saluti”

Stranamente la lettera non riporta il prezzo a cui il collezionista avrebbe potuto trattenere il francobollo, che dobbiamo ritenere sarebbe stato fissato successivamente in caso di conferma dell’acquisto.

Riportiamo di seguito la circolare sopra citata quale allegato della lettera.

Dichiarazione in merito al francobollo emesso in occasione del viaggio del Presidente Gronchi in Perù

Il sottoscritto ing. Carmine Perroni Presidente del sindacato nazionale dei commercianti in francobolli per collezione dichiara:

Che il francobollo è stato messo in vendita agli sportelli filatelici il giorno 3 aprile (lunedì di Pasqua – giorno festivo).

Ciò unicamente per favorire coloro che avevano interesse ad inoltrare la corrispondenza per il Perù, Argentina ed Uruguay con l’aereo del Presidente della Repubblica Italiana in quanto la validità postale del francobollo avrebbe avuto corso soltanto dal 6 aprile.

Per queste considerazioni i commercianti non hanno avuto alcun motivo di prelevare i detti francobolli in giornata festiva.

Posso quindi senza tema di smentita testimoniare che la stragrande maggioranza dei commercianti non ha effettuato alcun prelevamento e ciò anche per il fatto che durante la giornata del 3 aprile gli esercizi erano chiusi.

A conferma di queste mie dichiarazioni c’è l’immediata azione del sindacato nazionale commercianti francobolli per collezione presso il Ministero delle Poste e Telecomunicazioni affinché il francobollo fosse rimesso in vendita al valore facciale, come “non emesso” senza validità postale.

Firmato Il Presidente

Carmine Perroni”

I dubbi del Ministero

Il dubbio di manovre poco chiare e di un “complotto” con fini speculativi, si palesò immediatamente nell’ambiente filatelico e nell’opinione pubblica.

Per fugare le ombre che si allungavano sulla vicenda e per identificare eventuali responsabilità sia dolose che colpose, venne disposta, dal Ministero delle poste, un’inchiesta ufficiale. La commissione Gaspari concluse che i fatti relativi all’emissione del francobollo errato, erano del tutto casuali e che non sussistevano responsabilità attribuibili a singoli, poiché il bozzetto era stato approvato in sede ministeriale.

Accertata la casualità dell’errore, il ministro Spallino ordinò la distruzione di tutti gli esemplari ritirati, ovvero le rimanenze restituite dalle Direzioni e gli esemplari non distribuiti.


Così alla presenza del sottosegretario Gaspari, dei componenti della commissione d’inchiesta, di alcuni funzionari del ministero delle Poste, di alcuni giornalisti e di un rappresentante del Provveditorato dello Stato, i pacchi contenenti i Gronchi rosa furono inseriti in una macchina impastatrice (detta “molazza”), e ridotti in polvere.

Venne anche aperta un’inchiesta giudiziaria che vide coinvolto il presidente di una banca ed un commerciante filatelico, accusati di illecite manovre speculative. Il relativo processo, si concluse con una completa assoluzione.

Il Bollettino ministeriale fantasma

Nel corso delle ricerche effettuate, non ho mai trovato indizi che inducano sospetti sul fatto che la vicenda del Gronchi rosa sia stata tutta una messa in scena attuata per motivi speculativi o per il rilancio della filatelia, come da molti sostenuto. Al contrario, i materiali e le notizie da me raccolti in 30 anni di ricerca, mi hanno convinto della casualità degli avvenimenti.

Un unico dubbio è sempre rimasto irrisolto: perché non si conosce e non si hanno notizie del relativo bollettino ministeriale?

Il decreto che stabiliva l’emissione dei tre valori, è datato 17 marzo 1961, quindi in tempo utile per la stampa e la normale divulgazione del bollettino ministeriale.

E’ noto che il Ministero delle poste, per ogni emissione, approntava con un certo anticipo, un “Bollettino ministeriale” con la riproduzione dei valori che sarebbero stati emessi, ed un’ampia descrizione dell’avvenimento celebrato e delle caratteristiche tecniche dei francobolli in via di emissione.

Secondo questa prassi, costantemente osservata, almeno 5 giorni prima del 3 aprile, avrebbe dovuto essere distribuito il relativo bollettino con i tre valori compreso il Gronchi rosa. Al contrario, questo bollettino “non esiste”, non è “mai esistito” e di esso non vi è traccia neanche nel museo postale.

Si conosce invece il bollettino ministeriale che riproduce i tre valori ma col 205 Lire grigio, che, pur datato 6 aprile, comparve sul mercato qualche giorno dopo i fatti, verosimilmente il 9 Aprile 1961.

La domanda è ovvia: perché non è stato distribuito, nei soliti modi e termini, il bollettino ministeriale col Gronchi rosa? Perché non lo si conosce e non esiste neanche presso il museo postale?

Annotiamo incidentalmente che già nel 1991, risultava inoltre “scomparso” il bozzetto originale sbagliato.

Le domande senza risposta, specie dopo lungo tempo, diventano inevitabilmente … sospetti.

Forse gli archivi dell’ex Ministero delle Poste, ci riservano anche questa sorpresa, visto che da poco sono state scoperte le bobine di sconosciute emissioni di francobolli per macchinette, del tipo Italia turrita, approntate verso il 1957 e forse mai utilizzate.

Il rosa ed il boom della filatelia

La vicenda di questo famoso francobollo, si inserisce prepotentemente nell’ambito dei fatti che determinarono il boom filatelico italiano degli anni 60’: è innegabile che il mito del “tesoro”, subito alimentato dall’aumento fulmineo del suo prezzo, ha giocato un ruolo di rilievo nell’insensata corsa all’accaparramento di francobolli partita nel 1963.

I motivi del boom sono molteplici, ed alcuni hanno origini remote.

Dall’emissione del primo francobollo nel 1840, il collezionismo filatelico aveva conosciuto una espansione continua ed aveva assunto una dimensione mondiale.

La crescita esponenziale e la solidità duratura del fenomeno collezionistico e commerciale, aveva determinato nell’opinione pubblica internazionale, la convinzione che “i francobolli sono come i soldi”, opinione che decade appunto solo alla fine degli anni ’60 del Novecento, col crack del mercato filatelico.

Si riteneva generalmente che i francobolli fossero un bene d’investimento al pari delle azioni, dei BOT, delle obbligazioni e dell’oro, o quanto meno un bene rifugio, e che una collezione di francobolli, o meglio, una accumulazione di essi, ponesse il proprio capitale al riparo dall’inflazione.

Ed effettivamente è possibile affermare che alcuni collezionisti, commercianti ed investitori, che con lungimiranza hanno concentrato l’attenzione sui materiali più rari e antichi, hanno ottenuto nel tempo notevoli risultati economici. Ma di contro, chi ha acquistato massicce quantità di materiali speculativi emessi negli anni 60’, si ritrova con un’accumulazione di francobolli il cui valore supera di poco quello della carta su cui sono stampati.

Già alla fine degli anni 50’, si era registrata in Europa e segnatamente in Italia, la tendenza ad un’ulteriore espansione dell’interesse per i francobolli quali beni d’investimento, e si può affermare che i primi “investitori” che cominciarono ad acquistare le emissioni a fogli interi, con scopi “speculativi”, erano già attivi nel 1958.

Erano presenti quindi diverse componenti perché si determinasse un’esplosione “sociale” del mercato, anche perché in Italia, e direi in tutto il mondo, la gente comune era culturalmente più vicina ai francobolli che alle Borse finanziarie: oggi può sembrare strano ma è vero!

La vicenda del Gronchi rosa cadde “come il cacio sui maccheroni” nel momento in cui si erano già create tutte le premesse per l’esplosione del fenomeno: la sua fantastica storia colpì l’immaginario sociale collettivo e la fantasia di una platea di soggetti ben più ampia di quella dei filatelisti, suscitando appetiti estranei alla filatelia come fenomeno culturale.

Personalmente ricordo che diversi amici di famiglia e semplici conoscenti, piccoli risparmiatori completamente estranei al collezionismo, a fronte dell’aumento vertiginoso dei prezzi e del “valore” dei francobolli, genericamente intesi, vennero a casa nostra e chiesero a mio padre consiglio ed indicazioni per comprare fogli di francobolli “per investimento”.

Le polemiche seguite al ritiro del francobollo, il suo prezzo in continua ascesa e tutti i motivi di ordine speculativo sopra ricordati, gettarono benzina sul fuoco già acceso del boom filatelico.

In tutte le città italiane, allo sportello filatelico delle Poste centrali, “si faceva a botte”, e non è solo un modo di dire, per acquistare quantità di francobolli di ogni genere e natura: vi furono risse con collezionisti contusi a Palermo, a Roma, a Milano, a Napoli, a Bari e altrove. Particolarmente “violenta” fu la battaglia per accaparrarsi la serie della “Resistenza” (1965) la cui tiratura risulta quasi completamente inutilizzata per usi postali, essendo rimasta “tesaurizzata” nelle mani di collezionisti, investitori e “grassatori filatelici”. Ricordo che nel 1973, la vedova di uno di questi improvvisati ed avventurosi investitori, tentò senza successo di vendere 25.000 serie in fogli di detta emissione.

Leggende metropolitane si diffondevano in modo incontrollato ed immaginifico sulle varie emissioni: per quella della Città del Vaticano del maggio 1966, per la celebrazione del millennio della cristianizzazione della Polonia (con tiratura mostruosa a sette zeri), venne perfino paventata un’incetta dalle proporzioni bibliche da parte dei collezionisti polacchi, tale da rendere immediatamente rarissima e preziosissima la serie: invero i collezionisti polacchi nel 1966 avevano altre cose a cui pensare e comunque le Poste Vaticane e di tutti i Paesi avevano da tempo “mangiato la foglia” e le tirature erano state via via adeguate ai più smodati ed insani appetiti filatelici.

A distanza di 50 anni, sussistono ancora enormi accumulazioni di questi materiali speculativi, per i quali non si riesce a recuperare neanche la metà del valore facciale dei francobolli, che comunque in termini reali corrisponderebbe a qualche spicciolo.

I falsi

Altro capitolo, purtroppo ancora aperto, è quello della falsificazione di questo famoso francobollo. Ritengo opportuno farne cenno proprio per il pericoloso livello di perfezione che è stato raggiunto dai falsari.

L’elevato valore acquisito immediatamente, pose ben presto il Gronchi rosa nel mirino dei falsari e nel tempo sono stati stampati diversi tipi di falsi per frode filatelica.

La prima falsificazione risale ai primi mesi del 1964 ed è stata eseguita con stampa tipografica su carta filigrana stelle ricavata dai margini bianchi dei foglietti della Repubblica di San marino emessi per le Olimpiadi del 1960.

Questo primo falso è molto “ingenuo” perché facilmente riconoscibile a causa della stampa approssimativa, della dentellatura di tipo lineare e del formato della vignetta più grande dell’originale, non costituisce quindi un pericolo per i collezionisti.

Successivamente furono realizzati altri tre tipi di falsi, riconoscibili per il colore diverso, il formato, il tipo di stampa ed il retino di fondo, la gomma diversa, ma soprattutto per le sbavature nelle lettere che compongono le diciture.

Si tralasciano alcuni tipi di falsificazioni che per la loro grossolana e non credibile realizzazione vanno piuttosto annoverati tra le “riproduzioni” o “imitazioni” (forgery).

Qualche anno fa è apparso sul mercato filatelico un ulteriore tipo di falso detto “stellato” perché la filigrana è evidente anche guardando il francobollo dalla parte stampata (Questa caratteristica è presente, ma in modo più attenuato, anche nel francobollo originale).

Quest’ultima falsificazione si presenta molto pericolosa, infatti è stata realizzata con tecniche sofisticate quali scanner ad alta definizione, computer e stampanti laser.

E’ stata usata carta ottenuta dalla decolorazione di fogli di francobolli emessi nello stesso periodo con uguale filigrana e gomma (forse dall’emissione “San Paolo a Roma”).

Ciò nonostante il falso, dopo un attento esame è riconoscibile da un insieme di elementi, primo fra tutti l’imprecisione, a forte ingrandimento, delle lettere che compongono la dicitura che tendono anche in questo caso a sbavare. A più elevato ingrandimento si notano inoltre dei difetti di stampa simili a piccolissime falle biancastre a forma di cratere.

Questa falsificazione è comunque da ritenere pericolosa ed è quindi consigliabile porre particolare attenzione negli acquisti, pretendendo una seria certificazione peritale.

A prescindere da ogni altra considerazione, esaminando il grafico del valore di catalogo, indicativo del prezzo di mercato del Gronchi rosa in questi 50 anni, si nota che questo ha subito nel tempo delle notevoli oscillazioni.

Risulta evidente che il prezzo di mercato del francobollo nei primi anni è stato condizionato da speculazioni e soprattutto dall’incertezza sull’effettiva consistenza degli esemplari in circolazione.

Pur soffrendo a tratti delle forti oscillazioni di cui è stato oggetto il mercato della filatelia contemporanea, il Gronchi rosa è rimasto per 40 anni un francobollo di costo elevato a testimonianza della sua rarità. Da ultimo la crisi del mercato filatelico, determinata dalla notevole diminuzione del numero dei collezionisti, ha ridimensionato il prezzo degli esemplari nuovi, mentre gli esemplari viaggiati su busta o genuinamente usati, mantengono un certo interesse del mercato.

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Apr 18, 2018 | Posted by in Articoli | Commenti disabilitati su Gronchi rosa … luci, ombre e fantasmi
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